L’Italia è considerato il paese in Europa con un consumo di antibiotici eccessivo in età pediatrica. È quanto sostiene il dottor Giuseppe Di Mauro, Presidente della Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale – SIPPS – in occasione della 25esima edizione del Congresso Nazionale svoltosi pochi giorni fa a Bari. Un tema di attualità, soprattutto adesso, all’inizio dell’autunno, quando con i primi freddi iniziano ad arrivare tosse, febbre e raffreddore.
Difficile capire quando servono davvero
Sono diversi i fattori alla base dell’eccessivo utilizzo di antibiotici in pediatria. Prima di tutto c’è la difficoltà, in molti casi, nel raggiungere una diagnosi microbiologica dell’infezione: quando un bambino ha febbre, tosse e non sta bene, non sempre è agevole in assenza di un antibiogramma capire se ci si trova da vanti ad una infezione virale o batterica , quindi stabilire se sono o meno necessari gli antibiotici. E poi ci sono i timori dei genitori: se il pediatra avverte un leggero crepitio ai bronchi, può proporre una cura senza antibiotici, forse più lunga ma ugualmente efficace: sono i genitori quasi sempre a chiedere gli antibiotici nella convinzione che il piccolo guarisca più in fretta. Questo atteggiamento un po’ superficiale nei confronti degli antibiotici, di fatto sta provocando un aumento del fenomeno delle resistenze batteriche, associate proprio ad una eccessiva prescrizione di antibiotici, con un impatto rilevante sulla sanità pubblica. L’Italia risulta , tra i paesi europei, la nazione con i livelli più elevati di antibiotico-resistenza, soprattutto verso lo Streptococco, lo Stafilococco, l’Enterococco, l’Escherichia, la Klebsiella o la Pseudomonas. Tale fenomeno si manifesta con maggiore frequenza nelle regioni del Centro e del Sud rispetto a quelle del Nord.
Troppo spesso sono assunti dai bambini
Dai dati presentati a Bari è emerso, inoltre, che gli antibiotici sono i farmaci più utilizzati in età pediatrica soprattutto a livello ambulatoriale: l’88,7% delle prescrizioni antibiotiche in età pediatrica viene realizzato dal pediatra per il 61,2% o dal medico di famiglia per il 27,5% e, di queste, oltre il 33% interessano bambini in età pre-scolare. Il maggior numero di prescrizioni di antibiotici viene eseguito per il trattamento delle infezioni respiratorie. Il rapporto dell’Osservatorio Arno pubblicato nel 2011, ha preso in esame una rete di 31 ASL sul territorio nazionale, ha messo in luce come la classe degli antibiotici sia così ripartita tra le seguenti fasce d’ètà: 42% nei bambini di età inferiore ad 1 anno, 66% in quelli di 1 anno, 65% dai 2 ai 5 anni, 41% dai 6 agli 11 anni e 33% negli adolescenti dai 12 ai 13 anni. Il problema, però, è che gli effetti di una assunzione così elevata di antibiotici in alcune fasce di età finisce per riguardare un po’ tutti: infatti gli antibiotici, attraverso le urine e le feci, finiscono nelle acque di scolo e poi nei corsi d’acqua, nel terreno e nell’aria, da cui, attraverso alcuni cibi, tornato a contatto con gli essere umani. Studi eseguiti, tra l’altro, dall’Istituto Farmacologico Mario Negri di Milano ha evidenziato questa realtà.
Assumere antibiotici solo se necessario
Il contatto cronico con queste sostanze provoca il cosiddetto fenomeno della resistenza: i batteri cattivi responsabili delle malattie imparano a riconoscere questi farmaci e a neutralizzare il loro attacco. Gli antibiotici tradizionali diventano quindi inefficaci e la ricerca scientifica è costretta a sviluppare sempre nuove molecole. Se però, si eccederà nell’uso, si è destinati a entrare in un circolo vizioso in cui farmaci sempre nuovi diventeranno velocemente inefficaci. È quindi importante, in ogni famiglia, limitarne l’uso: mai somministrare di propria iniziativa un antibiotico a un adulto o ad un bambino a meno che non sia stato suggerito dal medico dopo una accurata visita o dopo un esame microbiologico, per esempio, il tampone faringeo. Una volta iniziata la terapia con antibiotici deve essere seguita scrupolosamente nei tempi e nelle dosi suggerite dal medico: mai interromperla prima o prolungarla di propria iniziativa.
Giorgia Andretti