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Disturbi cognitivi a confronto

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Risultati scolastici poco soddisfacenti possono dipendere da una oggettività difficoltà di apprendere. Una valutazione specialistica è necessaria, anche per la crescita serena.

L’anno scolastico volge al termine e molti genitori attendono con ansia la consegna delle pagelle, “metro di valutazione” per quanto approssimativo, del rendimento scolastico dei figli. Risultati non del tutto positivi possono essere il segnale di una difficoltà nell’apprendimento più che uno scarso interesse per lo studio. In tal caso è indispensabile una attenta valutazione da parte dello specialista dell’apprendimento, insieme con le insegnati. In molti casi, infatti, i bambini in età evolutiva hanno difficoltà ad apprendere domini specifici come la lettura, la scrittura e le abilità di calcolo pur in assenza di deficit cognitivi, sensoriali e psicologici. Una valutazione corretta, eseguita dal neuropsichiatra, può aiutare a riconoscere e quindi a rendere più aggredibile un disturbo che altrimenti potrebbe comportare un impatto negativo per l’autostima e la qualità della vita scolastica e famigliare del bambino.

Un problema per molti bambini
Proprio i Disturbi Specifici dell’Apprendimento o DSA sono stati tra i temi principali del IX Congresso Nazionale Federazione dei Logopedisti Italiani – FLI, svoltosi a Bari dal 20 al 22 maggio scorsi. I DSA sono problemi di non poco conto, oltre che relativamente diffusi. Stime precise della situazione in Italia non esistono, ma secondo gli esperti, tra la 3a e la 5a classe primaria e la 3a classe della secondaria di primo grado, il valore medio dei disturbi dell’apprendimento riguarda il 3 – 4% della popolazione scolastica, pari a circa 200 mila alunni della scuola dell’obbligo. Per avere dati più precisi la Federazione dei Logopedisti, in accordo con le maggiori associazioni in Italia coinvolte nei DSA, ha creato un Comitato Epidemiologico Nazionale volto a condurre uno studio sulla diffusione di questi disturbi. Obiettivo primario dello studio sarà rilevare la reale prevalenza, all’interno dei DSA, di dislessia o disturbo di lettura e disortografia o disturbo di scrittura nella componente ortografica, nei bambini che frequentano la scuola elementare. L’intervento è possibile solo se si ha un quadro chiaro sulla diffusione del problema.

La dislessia è la più diffusa
La più invalidante tra i DSA è la dislessia, ovvero la difficoltà di comprensione del testo scritto, quindi nell’accesso alle conoscenze da esso mediate. Si tratta di un disturbo di origine
neurobiologica, caratterizzato da difficoltà a effettuare una lettura rapida e accurata. Tale difficoltà non è in rapporto con le altre abilità cognitive, poiché la dislessia fa la sua comparsa anche in bambini il cui grado di intelligenza è normale se non addirittura superiore alla media. Il disturbo che porta alla difficoltà nella comprensione del testo è dovuto alla confusione che il bambino compie nel riconoscimento di alcuni grafemi la cui corrispondenza fonetica è simile (per esempio a-an, s-sh, u-ou) o dove la forma è simile e differisce solo per la collocazione nello spazio (p-q, d-b) o ancora delle inversioni (or-ro, cri-cir). E’ frequente in associazione un disturbo di lateralizzazione, ovvero la difficoltà nel riconoscere la destra con la sinistra, che potrebbe essere, in alcuni casi, la conseguenza di un mancinismo corretto in modo inappropriato. La dislessia si definisce tale solo al termine della prima classe elementare e fin verso i sette anni e mezzo può indicare solo una forma transitoria. Compare più di frequente nei bambini con una lieve prevalenza per il sesso maschile e tra coloro che hanno avuto un ritardo nello sviluppo del linguaggio e, poiché viene riconosciuta una base genetica, tende a presentarsi all’interno di una stessa famiglia. La scarsa competenza nella lettura potrebbe condurre il bambino all’isolamento all’interno della classe facilitando reazioni poco appropriate come ad esempio il rifiuto della scuola, forme di aggressività o chiusura totale verso gli altri.

L’intervento deve essere precoce
Più tardi viene effettuata la diagnosi della dislessia, più è difficile il recupero. Gli insegnati sono i primi a notare le difficoltà e a comunicarle ai genitori. A questo punto si deve richiedere prima possibile una valutazione diagnostica, anche solo per escludere il problema. La diagnosi può essere emessa da un equipe di operatori esperti attraverso specifici test, suggeriti delle Linee Guida Nazionali e delle raccomandazioni condivise dagli specialisti, che permettono di distinguere il bambino dislessico da quelli che hanno una difficoltà di lettura e scrittura di altra natura, come ad esempio alterazioni della percezione visiva. In attesa della valutazione evitare di riferirsi al bambino con frasi del tipo “non impara perché non si impegna” oppure “è disordinato” e così via. Una volta accertata la diagnosi di dislessia, il trattamento deve iniziare prima possibile ed occorre un approccio professionale su più versanti e che “lavori” sulla lettura e sul riconoscimento del corpo nello spazio. L’intervento dei genitori, a casa, è fondamentale. È possibile aiutare il figlio, per esempio, cercando di associare la posizione dello spazio con segnali riconoscibili come i colori. Ecco come si può procedere: si lega un nastro rosso sul braccio sinistro ed un nastro verde sul braccio destro e ci si rivolge al bambino dicendo: “prendi la mela alla tua destra-verde”, oppure “gira a sinistra-rosso”. E’ necessario utilizzare il riconoscimento attraverso le associazioni evidenti per poi scendere, progressivamente, nei particolari. Una rieducazione ha comunque bisogno di almeno 18-24 mesi. Infine è importante anche la figura dello psicologo, che effettua la valutazione diagnostica e segue generalmente gli aspetti emotivi generati dal disturbo. La diagnosi deve essere seguita da un intervento riabilitativo mirato. Entrambi i provvedimenti devono avvenire entro gli anni della scuola primaria.

In Rete
Il sito dell’AID – Associazione Italiana Dislessia
Il sito della FLI – Federazione Logopedisti Italiani

 

Dott.ssa Rosalba Trabalzini
Psichiatra – Psicoterapeuta- laureata in psicologia clinica

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