Stimolano l’immaginazione e la creatività, spingono a impegnarsi per un obiettivo, insegnano a pensare positivo. Le storie di fate e principi hanno un ruolo insostituibile.
Il tempo passa, le generazioni cambiano eppure tutto il fascino di fiabe e favole non sembra risentirne. E anche il loro significato didattico resta saldo, nonostante alcune correnti di pensiero un po’ critiche. È di poche settimane fa, per esempio, la notizia della bocciatura del valore psico-didattico delle fiabe da parte di un’esperta americana: i racconti fantastici di Andersen, dei Grimm, poi trasformati in cartoni animati, non sono adatti a una crescita corretta dei bambini. Presentano infatti figure di fanciulle romantiche e troppo arrendevoli, che non insegnano a diventare donne forti e volitive; di principi azzurri sognanti, introvabili nella realtà adulta, che preparano le ragazze a inevitabili delusioni; di fate, streghe e maghi decisamente anacronistiche. Gli esperti italiani non condividono questo pragmatismo made in Usa. Perché le favole, da sempre, hanno una funzione che va ben oltre il significato letterale. Parlano un linguaggio metaforico che i bambini comprendono bene, che entra a far parte del loro modo di essere e che fornisce chiavi di lettura capire una realtà non sempre facilissima.
Un immenso serbatoio di emozioni
Le storie raccontate rivestono un ruolo essenziale nella crescita dei bambini, perché li accompagnano nei loro primi passi. Da piccolissimi, quando non sono ancora del tutto in grado di comprendere le parole, a colpirli sono le piccole sfumature della voce narrante – della mamma o del papà, o anche dei nonni – che comunicano tenerezza e sicurezza. Le espressioni del volto, il sorriso, il cambio di tonalità della voce nell’interpretare i vari personaggi coinvolgono i bimbi e aumentano la loro capacità di ascolto e di concentrazione, favorendo lo sviluppo cognitivo. Inoltre le favole fanno sognare. Le situazioni in cui la magia diventa realtà, i personaggi fantastici e i paesaggi “fiabeschi”, appunto, stimolano l’immaginazione e la creatività dei bambini. Con la crescita, il ruolo della fiaba diventa più complesso. Il bambino riesce a concentrarsi sulla trama e attraverso questa impara la morale: nella vita, non sempre tutto è facile e spesso è necessario ingegnarsi per avere la meglio. Le fiabe, però, hanno sempre un lieto fine e questo insegna al bambino a essere fiducioso e a pensare in positivo.
Vincere attraverso la fantasia
Ancora più importante è il significato didattico contenuto nello svolgimento della fiaba. Per un bambino piccolo non è semplice comprendere i fatti della vita reale: la sua esperienza ancora scarsa non lo aiuta a capire il perché di momenti difficili che deve attraversare, di episodi tristi o paurosi che accadono a lui o alla realtà che lo circonda. Raccontare una favola o una fiaba può contribuire a rendergli la realtà più comprensibile, comunicando che può succedere di dover affrontare delle difficoltà, a volte inaspettate e non meritate, ma che se ne può uscire vittoriosi. Ecco il significato del principe che affronta un drago o dei bambini che si perdono nella foreste. La fiaba aiuta il bambino a crescere e a diventare autonomo, acquistando autostima e sicurezza di sé, ed è questo il significato simbolico del diventare re e regine. Quel “C’era una volta….” con cui inizia sempre una favola, apre le porte della fantasia su paesi lontani, boschi incantati, castelli da espugnare e, attraverso l’ascolto, il bambino sviluppa la capacità di inventare e di inventarsi. Lo aiuta a crescere consapevole che l’esistenza può anche essere un percorso ad ostacoli, ma anche che, affrontandoli con coraggio e intelligenza, riuscirà a superare con successo le inevitabili disavventure che incontrerà nel corso della sua vita.
Significato educativo e psicologico
In ogni fiaba c’è il bene e il male rappresentati da personaggi antitetici, in positivo e in negativo come la fata e la strega, i bambini buoni e gli orchi, la sorella brava e la sorella invidiosa. Dall’agire di questi personaggi e dal loro comportamento i bambini imparano ad affrontare le proprie paure e a distinguere sentimenti negativi come invidia, rivalità, prepotenza o ingiustizia , da quelli positivi di amore, amicizia, solidarietà, rispetto per sé stessi e per gli altri. Pensiamo alla fiaba di Cenerentola, in cui la protagonista, nonostante i maltrattamenti subìti, riesce ad acquistare una sua indipendenza e, dopo aver superato la paura e l’ansia, a sentirsi finalmente sicura. Immedesimandosi nel personaggio, il bambino può imparare che non è necessario rispondere sempre con cattiveria alle cattiverie: la pazienza, l’intelligenza, le virtù di Cenerentola hanno la meglio sulla rivalità delle sorelle e l’antipatia della matrigna. Alla fine il male è ridicolizzato e sconfitto e il trionfo della protagonista – che comunque perdona – non è una vittoria sulla malvagità ma la vittoria sulle proprie debolezze e paure. La fiaba è, insomma, la metafora di un’adolescente che riuscirà a essere padrona non tanto di un regno quanto della sua stessa vita. Altro significato si riscontra nella fiaba di Hansel e Gretel che, invece, affronta l’ansia dominante del bambino e la sua paura di essere abbandonato. I due fratelli escono però vittoriosi e questo ha un effetto tranquillizzante per i più piccoli. I racconto li incoraggia nella certezza di poter vincere non solo sui pericoli reali di cui gli hanno parlato i genitori, ma anche su quelli esagerati di cui egli teme l’esistenza. Hansel e Gretel collaborano per la comune salvezza e questo induce il bambino a superare la dipendenza dai genitori, a raggiungere il successivo e superiore stadio di sviluppo.
Marina Zenobio
Ha collaborato:
Dott.ssa Sabrina Germi
Pedagogista Clinico