Come spiegare la fine della vita ai bambini

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Come spiegare la fine della vita ai bambini

spiegare la morte ai bambini
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La pandemia di Covid-19 è stata ed è ancora una tragedia a livello mondiale, causando tante morti. In quasi ogni famiglia c’è stato almeno un lutto, che sia stato un parente o un amico. Per questo, è doveroso spiegare la morte ai bambini. Ed è importante sempre, perché anche se i piccoli non dovrebbero passarci, anche in situazioni normali può capitare che muoia qualcuno della famiglia, della cerchia di amici e succede anche di perdere il proprio animale domestico. Non dobbiamo far finta di nulla, pensando che un bambino sia troppo piccolo per comprendere un concetto così astratto. È invece essenziale spiegare la realtà in modo comprensibile. Allo stesso modo è necessario chiarire che il Covid-19 è una malattia importante e che purtroppo ruba la vita alle persone e che per questo i ricercatori stanno facendo il possibile per trovare i rimedi definitivi.

Quando inizia a capire

A due anni-due anni e mezzo un bambino è molto concentrato su se stesso e si rende conto fino a un certo punto dei cambiamenti che avvengono intorno a lui. Quando non vede più una persona, sicuramente se aveva un rapporto di affetto stretto, come con un nonno o uno zio, avverte una sensazione di abbandono, di dolore. Ma non si chiede il perché, semplicemente smette di vedere la persona e si abitua progressivamente alla sua mancanza. A partire dai tre anni il bambino inizia a rapportarsi con il mondo esterno, nota i cambiamenti e inizia a chiedersi perché si verificano alcune cose. Sarebbe bello che arrivassero senza traumi e dolori a un’età in cui sono in grado di capire la realtà da soli e darsi delle risposte, ma per giungere a questa fase dovranno attraversare anni in cui sono i genitori il punto di riferimento dal quale si aspettano le certezze, anche per le cose più difficili. È giusto fornire al bambino risposte, per permettergli di rielaborare il concetto dell’assenza ma soprattutto apprendere che la morte è un concetto assolutamente naturale e che, prima o poi, tocca proprio a tutti e quindi non deve essere temuta.

Cosa e come comunicare la morte

In primo luogo non si deve essere evasivi. È sbagliato rispondere a un bimbo: sei troppo piccolo per capire, non ci devi pensare adesso e che le spiegazioni arriveranno più tardi. I bambini hanno bisogno di risposte anche per poter rielaborare la sensazione di dolore e dare un senso all’assenza. Le risposte devono essere fornite in base alla propria sensibilità e alle proprie convinzioni religiose. Chi è cattolico può rispondere che la persona cara è andata in cielo e che, un giorno, ci si ritroverà tutti insieme. È una risposta che si ritrova anche nelle altre grandi religioni: i bambini possono essere rassicurati nel sentirsi dire che, anche se non vedono più il nonno o la nonna o il cane di casa, il proprio caro è sempre vicino a loro, anche se è andato in un posto bellissimo, pieno di luce e di azzurro. La risposta deve essere sincera, sentita: si può dire al bambino che il proprio caro lo si sente nel cuore e nei pensieri. Oppure si può dire al bambino che, fino a quando ci si ricorderà del nonno, del bene che ci voleva e delle storie che raccontava, lui ci sarà sempre vicino.

La trasformazione dopo la vita

In altre religioni la morte non è altro che una prosecuzione della vita. Ciascuno di noi resta sulla terra solo per un breve periodo, quindi si scompare per trasformarsi in qualcosa di più bello e più nobile, anche a seconda di come si è vissuto. Quello che deve essere evitato, è di essere cinici con i bambini. Molti non sono credenti e pensano che dopo la morte non ci sia nulla, che il corpo semplicemente si dissolva. Ognuno può credere quello che vuole, ma ci si deve adeguare prima di tutto alla psicologia dei bambini, al loro bisogno di elaborare il dolore con dolcezza, con le loro capacità di comprendere. Quindi mettiamo da parte il cinismo, il materialismo e il non credere che ci sia qualcosa oltre: saranno loro, da adulti, a scegliere in che cosa credere. Per il momento scegliamo immagini serene, parole dolci e ripetiamole senza stancarci.  Solo se il bambino mostra di non riprendersi è bene parlarne con il pediatra e valutare se è opportuno parlare con uno psicoterapeuta infantile.

Sahalima Giovannini

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