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I figli che non conosciamo

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Percezione dei genitori ed effettivi comportamenti: un’indagine sull’uso di Internet rivela le distanze

Pensiamo di sapere, ma non sappiamo. Perché siamo genitori distratti, perché andiamo di corsa, perché parliamo poco con loro. O peggio ancora perché non conosciamo neppure la realtà con la quale hanno a che fare i nostri figli. La distanza tra la percezione dei genitori ed i reali comportamenti dei figli è certamente un dato importante ed è dunque comprensibile l’attenzione che nei giorni scorsi ha raccolto uno studio dell’Università di Tel Aviv sulla consapevolezza che hanno i genitori dell’uso che di Internet fanno i loro figli. La ricerca è stata presentata durante una conferenza del network europeo che si occupa di bambini e nuovi media e i numeri forniti da Dafna Lemish, che ha coordinato il progetto, non lasciano spazio a dubbi. Su un campione di 500 famiglie in cui genitori e figli sono stati intervistati separatamente sono emerse differenze abissali tra percezione e realtà: il 73% dei ragazzi tra gli otto e i 18 anni ha ammesso di fornire le proprie generalità a sconosciuti in Internet, mentre il 96% dei genitori afferma che i propri figli non lo fanno. Inoltre il 36% degli adolescenti intervistati ammette di aver incontrato di persona gente conosciuta via Web, e il 40% dichiara di chattare e interagire molto spesso con sconosciuti, ma solo il 9% dei genitori ne è al corrente.

“Questi numeri sono assolutamente credibili – commenta Tonino Cantelmi, presidente dell’Associazione Italiana Psicologi e Psichiatri Cattolici – e riflettono una stessa tendenza che abbiamo visto per il mondo reale. Da uno studio che abbiamo fatto è emerso che i genitori non sanno neanche cosa facciano i figli durante il tempo libero, figuriamoci su Internet dove c’è anche un grande divario di conoscenze a favore dei più giovani”. Secondo lo studio, i ragazzi sono anche ben coscienti di come fare a non farsi scoprire, visto che il 30% ha dichiarato di cancellare le tracce dai browser dopo aver usato il computer, e molti preferiscono usare Internet lontano da casa, nelle aule di informatica o da amici, dove non è possibile installare i programmi che limitano l’accesso. Difficile, secondo l’esperto, trovare un modo per arginare questo fenomeno: “Non siamo riusciti a stare davanti alla tv insieme ai nostri figli, figuriamoci a Internet – afferma Cantelmi – tanto più che queste tecnologie sono ancora più personali ed esaltano la segretezza. L’unica cosa da fare è cercare di responsabilizzare i ragazzi con il dialogo. I pericoli sono molti, e vanno al di là della sola pornografia o al pericolo dei pedofili: in Rete c’è la possibilità di accedere a filmati che incitano al bullismo, o a funzioni come scommesse o siti a pagamento”. Anche secondo l’autrice della ricerca con divieti e minacce non si otterrebbe niente, anzi i bambini vanno incoraggiati a utilizzare le cose “buone di Internet”: “Usare gli stessi strumenti che si utilizzano per insegnare loro quali sono i pericoli nei parchi, nei centri commerciali o dovunque fuori casa – spiega Lemish – Le stesse regole del mondo reale si possono applicare benissimo alla Rete”.

 

Enrico Massi

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