I nostri ragazzi per essere più competitivi in Europa dovrebbero essere integrati nel mondo del lavoro anticipatamente rispetto a quanto avviene ora. In Europa i ragazzi escono dalla scuola secondaria a diciotto anni e per allineare l’Italia al trend europeo il nostro Ministro dell’istruzione, On.le Profumo, propone di anticipare il percorso scolastico di un anno. La proposta è in corso di studio, ma nel frattempo l’opinione pubblica si divide tra favorevoli e contrari. Tra gli esperti c’è chi sostiene che cinque anni sia un’età prematura per iniziare la didattica e chi ritiene invece sia l’età corretta.
A scuola a cinque anni per allinearsi con il resto d’Europa
L’intento del Ministro è quello di ridisegnare l’amministrazione scolastica permettendo così all’Italia di allinearsi con il resto d’Europa. Questa riforma avrebbe come obiettivo quello di migliorare il sistema formativo dei nostri ragazzi per renderli più concorrenziali col resto d’Europa sul mercato del lavoro. Anticipare di un anno l’ingresso alla scuola elementare consentirebbe ai ragazzi di diplomarsi anticipatamente, senza per questo dover togliere un anno dal percorso di studi. In questo modo l’età di uscita dalla scuola superiore sarebbe uguale al resto d’Europa: cui ci si diploma a dciotto anni. Sul progetto sta lavorando un gruppo di esperti, pedagogisti e dirigenti scolastici, selezionati dall’On.le Profumo, i quali presenteranno entro fine anno una valida soluzione al ministro. Dobbiamo aspettare il prossimo Dicembre per conoscere il risultato delle riflessioni ed elaborazioni della Commissione designata.
Il parere degli esperti
Se i ragazzi sono contenti di arrivare con un anno di anticipo al diploma, molti esperti lamentano il fatto che per un bambino sia presto iniziare la scuola elementare a cinque anni. Il problema non sta nell’intelligenza dei bambini ma nel raggiungimento di un grado di maturità tale da permettere di affrontare nel modo giusto i doveri imposti dalla scuola. Il direttore dell’Istituto di Ortofonologia di Roma (IdO), Federico Bianchi, ritiene infatti che la maturità dei bambini si componga del bagaglio di esperienze accumulato durante gli anni di scuola materna. Anticipare l’inizio del percorso di studi può comportare difficoltà di apprendimento, disturbi d’attenzione e stati di disagio sintomatici. Sembra che il 12% dei bambini entrato alla scuola primaria a cinque anni presentano disturbi riguardanti difficoltà di apprendimento. Il direttore dell’IdO sostiene, inoltre, di quanto i bambini di oggi siano sottoposti ad eccessive pressioni sociali, uan delle conseguenze e lo sviluppo di patologie comportamentali e fisiche legate all’alimentazione, come ad esempio l’obesità. Le incalzanti pressioni sociali favoriscono nei bambini l’incremento di fobia scolare, dei disturbi di condotta, della dislessia e persino della depressione. A favore dell’anticipo è invece Italo Farnetani, pediatra e docente all’Università di Milano Bicocca, il quale sostiene che non esista un fondamento pedagogico per la scelta dell’avvio della scuola a sei anni, tale età fu stabilita dalla legge Casati del 1859. Secondo Farnetani il bambino fino all’età di cinque anni vive la fase pre-operatoria, immagazzina cioè informazioni senza fare ragionamenti autonomi, dai cinque anni invece inizia la fase delle operazioni concrete, ragiona cioè su ciò che vede. Il medico ritiene quindi opportuno che la scuola inizi anticipatamente.
Non tutti i bambini sono pronti nello stesso tempo
Questo è il pensiero del nostro Responsabile scientifico, dott. Rosalba Trabalzini, la quale sostiene la teoria della possibilità ma non dell’obbligo. Ci racconta che fino all’età del secondo sviluppo intellettivo, ovvero la fase delle operazioni logico-deduttive, tra gli undici ed i tredici anni, per i bambini anche i mesi sono importanti. Sei o sette mesi fanno la differenza tra due o più ragazzi. La maturazione del sistema neurofisiologico è pressoché simile ma non uguale per tutti, ad esempio il concetto della costanza dei liquidi alcuni bambini la raggiungono a sette anni precisi ed altri a sette anni e sei mesi. Lo sviluppo intellettivo non è solo in funzione dell’esperienza ma anche dello sviluppo neurofisiologico. Se un bimbo non ha ancora raggiunto il grado di maturità per comprendere le operazioni di sommatoria, obbligarlo ad eseguirle potrebbe far nascere nel bambino un sentimento di inadeguatezza, andando a comprometterne il suo normale sviluppo psichico. Sarebbe decisamente meglio rivedere la scuola materna, offrendo una didattica più attinente ai nostri tempi moderni e lasciare spazio al gioco. Semmai per far uscire i ragazzi ai diciotto anni, potrebbe essere abbreviata la scuola secondaria superiore a quattro anni, come in effetti avviene negli altri stati europei ed americani .
Simona Marchionni