
I bambini italiani non mangiano pesce a sufficienza, tra l’altro la scarsa concentrazione può dipendere da una dieta povera di grassi buoni Omega3 ed Omega6.
I bambini italiani mangiano troppo poco pesce. Lo dice una ricerca dell’Osservatorio Nutrizionale Grana Padano condotta da medici pediatri e di famiglia, dietisti e altri specialisti, che hanno esaminato le abitudini alimentari di 1400 scolari italiani di età compresa tra 6 e 10 anni. Dalla ricerca emerge che i piccoli consumato soltanto 1,3 porzioni di pesce in media alla settimana, mentre le linee guida della SINU, Società Italiana Nutrizione Umana raccomandano, per i bambini, 2-3 porzioni di pesce alla settimana.
Il pesce aiuta
l’intelligenza Questi dati, secondo gli esperti, dovrebbero far riflettere i genitori per cercare di equilibrare l’alimentazione dei bambini a casa e nelle mense scolastiche. Con la riapertura delle scuole i bambini hanno l’esigenza di far lavorare la mente e il fisico, potendo disporre della giusta energia per tutta la mattinata ma anche assumendo i nutrienti che agevolano le funzioni del sistema nervoso e della mente. Solo in questo modo apprendimento, memoria e attenzione possono essere utilizzati con la massima efficacia. I grassi Omega3 contenuti nel pesce, soprattutto nell’aringa, nel salmone e nello sgombro, anche in quello surgelato, aiutano i bambini ad affrontare meglio il lavoro scolastico. I grassi del pesce migliorano la trasmissione neuronale, quindi la capacità delle cellule del cervello di connettersi e trasmettere informazioni tra loro. Queste sostanze sono presenti in buone quantità anche nelle noci e nei legumi. Eppure il pesce non è certo un alimento poco disponibile in Italia, un paese che dispone di migliaia di chilometri di coste, fornito da pescherie e ristoranti. Si tratta, evidentemente, di abitudini alimentari errate che derivano anche dal comportamento dei genitori.
Pesce due volte alla settimana
In effetti, secondo i dati di uno studio Ismea – Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare – riferito al 2010, in Italia rispetto al 2009 è calato il consumo di pesce, in particolare di quello fresco. Segno che gli adulti, le mamme e i papà dei piccoli che consumano poco pesce, lo comprano meno: una motivazione potrebbe essere quella del prezzo, visto che da molti il pesce è considerato troppo caro. A risentire della situazione soprattutto il mercato del “fresco” che ha visto una diminuzione nelle vendite del 5,5, a fronte di un aumento del costo del prodotto del 4% in un anno. Sulle tavole italiane sono diminuiti in particolare modo scampi, seppie, alici, triglie, naselli e merluzzi tra le specie pescate e orate, trote e salmone tra quelle allevate. Ma la colpa è anche un po’ di chi il pesce lo mangia. Oltre il 56% dei consumi di fresco, infatti, si concentra intorno a dieci specie, un numero molto ridotto, considerata la varietà (oltre 250 specie) che il Mediterraneo offre. Quattro dei primi cinque prodotti consumati sono prevalentemente o esclusivamente allevati (orate, mitili, spigole e trote salmonate), mentre solo al terzo posto compare la prima specie pescata: le alici. Eppure ci sono tante altre specie, come i palamiti, meno note forse, ma nutrienti quanto gli altri, che non sono inferiori in fatto di gusto e sono meno cari. Insomma, varrebbe la pena di proporle ai nostri bambini, magari in ricette gustose con pomodoro, patate, prezzemolo ed altre erbe aromatiche. Perché è bene iniziare fin dall’infanzia a seguire un’alimentazione sana ed equilibrata, a base degli alimenti che come il pesce, apportano vari benefici all’organismo.
Sahalima Giovannini