La stagione delle feste natalizie nelle varie culture, riti e tradizioni di buon augurio

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La stagione delle feste natalizie nelle varie culture, riti e tradizioni di buon augurio

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La magia delle feste entra nelle nostre case portando vecchie tradizioni di buon auspicio. Anche se datate, fanno parte della nostra cultura e riproporle, rinnova la speranza e l’ottimismo così importanti per il futuro del mondo

La magia della festa entra nelle nostre case attraverso le tante tradizioni tramandate da generazioni. Il presepe con la stella e le statuette, l’albero luminoso che cela tra i rami più bassi i doni per i bambini. La calda atmosfera della casa, il ritrovarsi tra gli affetti più cari per condividere un cibo speciale attorno alla tavola. E la preghiera, importante per tanti, il pensiero per chi è meno fortunato di noi, la promessa di fare qualcosa per chi non ha nulla ed il proposito di migliorare per il nuovo anno. I sentimenti di bontà e altruismo rinnovano ogni anno le tradizioni che accompagnano ogni popolo. Ma come è nata la stagione dei festeggiamenti del Natale? E, perché a Capodanno in alcune zone è tradizione infrangere vecchi piatti?

Si festeggia il ritorno della luce
La nascita di Gesù iniziò a essere festeggiata abbastanza tardi: secondo gli storici, fu a partire dal III secolo in poi che i Cristiani iniziarono a riunirsi per ricordare, con la celebrazione dell’Eucaristia durante la messa, la nascita del Salvatore. La data del 25 dicembre affonda le sue origini nella religione ebraica, nel cui solco nasce quella cristiana. La festa del Natale cristiano ha quindi origini ebraiche, in questa cultura si celebrava, nel pieno dell’inverno, una festa secondaria per omaggiare il ritorno della luce. Dal giorno del solstizio d’inverno: il 21 dicembre, le giornate tornano ad allungarsi. Con l’istituzione dello stato di Israele, si iniziò a festeggiare il “Natale ebraico” il Chanukah o Hanukkah, la Festa delle luci, in memoria della consacrazione di un nuovo altare a Gerusalemme, dopo la vittoria contro i Seleucidi. Come il Natale cristiano, anche l’ Hanukkàh è occasione di scambio di doni e dolci tipici. La sera prima dell’ Hanukkah, il Rabbino capo accende un candelabro a sei bracci, l’ hanukkah appunto, recita una benedizione ed inaugura la festa con canti e balli. Vengono scambiati doni, in particolare i bambini ricevono piccoli giocattoli e si consumano dolci tipici, come il sufgagnà: un grosso bombolone fritto nell’olio. Alla tradizione del Natale cristiano, come viene festeggiato da tempo, hanno collaborato anche le tradizioni tipiche dell’Europa del nord, anche loro festeggiavano il ritorno alla luce il 21 dicembre mentre, i Saturnali romani, festeggiavano sempre nello stesso periodo in onore di Saturno.

Niente Presepe e Albero nel Natale ortodosso
Il Natale ortodosso, celebra la nascita di Gesù figlio di Dio e della Vergine Maria, viene festeggiato il giorno 7 di Gennaio. Il Natale, nei paesi ortodossi, è preceduto da un periodo di astinenza dai cibi grassi e di preghiera della durata di 40 giorni. Nel giorno della Vigilia di Natale il digiuno è più severo e prevede solo consumo di grano lessato e frutta. Il digiuno si conclude alla comparsa in cielo, della prima stella, con una celebrazione liturgica in chiesa e con una serie di preghiere e canti e la benedizione dei cibi: pane, grano, vino ed olio. Terminata la Liturgia i fedeli intonano l’inno di Natale ed al centro della chiesa viene portata l’icona di Natale ed una candela accesa che simboleggia la Stella Cometa. A quel punto il digiuno è terminato ed il sacerdote unge i fedeli con l’Olio Santo e questi consumano il pane benedetto. La chiesa e le case in questo periodo sono addobbate con simboli della tradizione cristiana raffigurati anche nelle catacombe come ghirlande, pesci e pecore. La Chiesa ortodossa non utilizza i simboli del Presepe, tradizione attivata da San Francesco nel 1200 e tantomeno l’albero di Natale.

Babbo Natale, San Nicola o Nonno Gelo
Molto più laico è invece il simbolo del Natale nordico: un simpatico vecchione dalla lunga barba bianca, porta doni ai bambini buoni. Eh sì, è il celebre Babbo Natale, diffuso anche dalle nostre parti dalla cultura anglosassone. Eppure, il simpatico signore è una figura antichissima, nata in Europa. Il primo Babbo Natale è Nicola di Mira, conosciuto in Italia come Nicola di Bari: era un vescovo molto pio e per convincere i bambini ad andare a messa uscendo di casa con il freddo invernale, regalava loro dolci e giocattoli. Un’altra tradizione nordica tramanda la leggenda di Odino l’Errante: il dio della guerra, usava tenere battute di caccia con altri dei ed eroi, defunti durante il solstizio d’inverno. I bambini lasciavano sotto la cappa del camino i loro scarponcini invernali, pieni di carote e fieno per nutrire i cavalli di Odino e dei suoi prodi guerrieri. In cambio, il Signore della guerra, lasciava nelle calzature frutta, dolci e piccoli oggetti graditi ai bimbi. Odino l’Errante era rappresentato in modo simile a San Nicola: era un vecchio signore dalla lunga barba bianca. In Russia, durante l’inverno i bambini aspettavano l’arrivo di Nonno Gelo: anche in questo caso, un vecchio signore con la barba bianca, vestito di blu, che portava doni per i bambini nella notte di Capodanno. Il Babbo Natale, come lo conosciamo noi non era vestito di rosso, ma di verde. Il colore dell’abbigliamento fu modificato solo negli anni trenta, da verde diventò rosso, quando una nota fabbrica di bevande frizzanti lo utilizzò per le sua pubblicità natalizia… e rosso è rimasto il nostro Babbo Natale!

Giorgia Andretti

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