
Molte donne rinunciano alla carrozzina e decidono di portare “addosso” il neonato. È la riscoperta di una tradizione antica che offre benessere al piccolo e serenità alla mamma.
“Sta scomodo”. “È troppo rinsaccato”. “Dorme meglio sdraiato”. Chi ha un bambino piccolo e ha adottato la pratica “alternativa” della fascia o del marsupio conosce bene questi commenti. Provengono da mamme e suocere affettuose e un po’ apprensive, figlie della cultura di passeggino e carrozzina. E, quindi, un po’ scettiche verso la consuetudine – che sta avendo successo sempre di più – di “portare” letteralmente il figlio sul proprio corpo, avvolto in un’ampia fascia. La praticità? Il fatto di avere le mani libere? Sono vantaggi, sì, ma solo in seconda battuta. Il motivo principale per cui si sceglie questo metodo è la sicurezza e il conforto che viene trasmesso al bambino, in una posizione che, secondo i promotori, riporta alla dimensione protettiva dell’utero. E che, quindi, li avvolge e li conforta, incoraggiandoli nell’incontro con il mondo.
Una pratica antica quanto l’uomo
Quella del passeggino è solo una acquisizione recente della cultura umana, che ha iniziato a diffondersi tra le donne borghesi da poco più di due secoli. Prima di allora, il bambino stava sempre sul petto della mamma, poi, quando era un po’ più grandicello, veniva sistemato sulla schiena. Facevano così le donne primitive, le contadine dei secoli scorsi. Fanno così, anche oggi, tante mamme africane, asiatiche o dell’America meridionale, che portano il bimbo sul proprio corpo, avvolto in splendidi foulard dai colori solari. Ebbene, queste popolazione “primitive” sono le più vicine all’atteggiamento corretto per tenere il bambino, almeno secondo insigni studiosi, sostenitori di questo metodo. Tra questi c’è Nils Bergman, esperto di salute pubblica, comportamento umano e neuroscienza, ma soprattutto profondo conoscitore delle dinamiche che intercorrono tra mamma e neonato e sostenitore convinto dell’importanza di ristabilire il contatto più profondo e soprattutto naturale tra mamma e neonato, tenendo il piccolo il più possibile vicino a sé fin dalla nascita e allattandolo al seno. Una risposta alle pratiche standardizzate dell’uso dell’incubatrice, del contatto episodico e dell’impiego del latte artificiale. La pratica di “portare” il figlio in fascia può far parte di questo “ritorno” alla naturalezza. Senza, ovviamente, sentirsi in colpa o pensare di essere madri degeneri se, tutto sommato, si preferisce tenere il bimbo in carrozzina.
Benefici per il bimbo…
I vantaggi della fascia, tuttavia, per il piccolo, sono tanti. Il primo è che la fascia offre a un bimbo appena nato un ambiente ideale, vicinissimo a quello che conosce bene perché ci è vissuto per nove mesi: l’utero. Come nel pancione, infatti, sul petto della mamma il piccolo ascolta il battito cardiaco, avverte l’odore e la voce materni, è tenuto al caldo e, soprattutto, cullato dalla stessa andatura che l’ha portato a spasso per tanto tempo. Tutto questo contribuisce a tranquillizzarlo, a ridurre la produzione degli ormoni dello stress (eh sì, anche un piccolo appena nato può essere stressato: vuoi mettere la fatica di adattarsi al mondo esterno?) e a gettare da subito le basi di un buon legame con il genitore. Gli esperti, inoltre, hanno notato che i bimbi portati in fascia nelle popolazioni africane sono più sereni, piangono meno e si addormentano con più facilità, perché rassicurati dalla continua presenza materna. Anche lo sviluppo fisico trae benefici dal metodo della fascia. Infatti il bambino portato sviluppa un atteggiamento attivo, tende a spingere con le gambine, a tirare su il collo cercando di sistemarsi comodamente sul corpo dell’adulto. Il discorso vale anche per i piccoli prematuri, che grazie al contatto continuo hanno una migliore crescita ponderale e sono più sani in un ambiente biologicamente adatto allo sviluppo neuromotorio.
…e per la mamma
E dove mettiamo i benefici della mamma? La possibilità di tenere il neonato sul petto regala alla donna la sensazione di avere ancora il figlio dentro di sé. Tutto questo facilita il distacco, che avviene in modo più progressivo e può anche prevenire certe forme di depressione post-partum. Chi porta il piccolo poi rafforza la fiducia nelle proprie capacità genitoriali. Infatti, tenendo il bambino a stretto contatto con sé, si impara a capire meglio il perché del pianto, a capire se è sporco o annoiato. Con il contatto, insomma, si riescono a interpretare meglio i segnali inviati dal bambino. Tutto questo aiuta a essere più distesi e rilassati: e il piccolo lo avverte in modo positivo. Rispetto al passeggino e alla carrozzina, inoltre, la fascia, oltre a essere più economica, è più pratica e più sicura per il bimbo, che, essendo a una certa altezza da terra, è più lontano dai gas di scarico delle auto. Anche passeggiare in montagna o in un parco è sicuramente più comodo con un bambino nella fascia. Questo supporto offre anche un luogo comodo e discreto per allattare il figlio ovunque ci si trovi e favorisce anche l’allattamento al seno.
Vietato improvvisare
Per portare il neonato in fascia, però, è necessario imparare a farlo in modo corretto. Le culture dove questa pratica è uso comune si tramandano i movimenti giusti da madre a figlia. Anche in Italia c’è chi tiene corsi per apprendere questo metodo. Su internet, per esempio, ci sono diversi siti che offrono indicazioni e contatti per iniziare bene. Le indicazioni fornite, che poi sono approfondite durante veri e propri corsi di formazione, sono semplici ma fondamentali. Prima di tutto, occorre la fascia giusta, in lino o cotone, tessuti che permettono alla pelle del piccolo di respirare bene. La mamma, poi, imparerà a posizionare il figlio nel modo corretto, iniziando a portarlo sul petto quando è molto piccolo, con il sederino all’altezza del proprio ombelico e la testina sotto il mento, quanto basta per dover piegare leggermente il capo per baciarlo. Il bimbo, poi, deve essere stretto al punto giusto: deve poter passare una mano di piatto. Il momento giusto per cominciare? Quando il piccolo è tranquillo, cioè dopo che ha mangiato e ha riposato. Basta poco per fargli prendere confidenza con questo sistema. Dopo, per lui sarà il luogo più naturale possibile.
In Rete
www.portareipiccoli.it
www.bimbinfascia.it
Roberta Raviolo