Può comparire in qualunque momento della gravidanza, anche più volte. Alla base del disturbo, una infezione alle vie
urinarie. L’intervento del ginecologo è fondamentale.
Durante la gravidanza, in modo particolare verso il termine, capita spesso di soffrire di
cistite. Si tratta di un’infezione della vescica, un organo a forma di “palloncino” con il compito di raccogliere l’urina filtrata dai reni, prima di
che venga espulsa attraverso l’uretra. La vescica è facilmente aggredibile da batteri che provengono dall’ambiente esterno e l’apparato urinario
femminile: per la sua particolare conformazione anatomica, favorisce la risalita all’interno dei germi patogeni. L’uretra della donna è infatti lunga
appena tre centimetri, contro i sedici dell’uretra maschile e il suo orifizio è posto vicino all’ano, da cui possono risalire facilmente i batteri
fecali.
Il caldo umido favorisce l’infezione
I batteri responsabili della cistite provengono quasi sempre
dall’intestino. Quello che più frequentemente è causa di cistite è l’Escherichia coli, che vive nel tratto intestinale. A seguire ci sono lo
Stafilococco dell’epidermide e lo Streptococco fecale. La vicinanza tra apertura anale e sbocco dell’uretra favorisce la risalita di questi batteri fino
all’interno della vescica. La gravidanza e il caldo possono aumentare questo rischio. Durante i nove mesi, infatti, si verificano mutamenti ormonali che
modificano l’acidità dell’ambiente vaginale e dell’urina, diminuendo le difese naturali dell’organismo che, in condizioni “normali” riesce a sconfiggere
facilmente i batteri nocivi. Il caldo rende più serio il problema perché aumenta la proliferazione dei germi sulla pelle nella zona anale e genitale. Il
disagio, definito cistite, inizia mostrare i suoi segni: un bruciore intenso al momento della minzione, necessità frequente a urinare, minzione dolorosa
e urine torbide e maleodoranti.
Il ginecologo è indispensabile
La cistite va curata non solo perché è molto
fastidiosa, ma anche perché l’infezione trascurata potrebbe risalire dalle vie urinarie inferiori (la vescica, appunto) a quelle superiori, come gli
ureteri o addirittura i reni. È quindi opportuno seguire una cura antibiotica, che deve però essere suggerita da un medico – il ginecologo oppure
l’urologo – il quale nella prescrizione terrà conto che si è in dolce attesa. Si devono infatti scegliere i farmaci più efficaci contro l’infezione e
che, al tempo stesso, siano innocui per il bimbo. La futura mamma deve quindi raccogliere un campione di urine all’interno di un contenitore sterile,
facilmente reperibili nelle farmacie o nella grande distribuzione. Al mattino, si deve emettere un primo getto di urina, quindi trattenersi ed
effettuare un’accurata igiene intima. A questo punto si apre il contenitore e lo si usa per raccogliere il getto intermedio, quello che contiene i
batteri responsabili dell’infezione. Il campione così prelevato va portato in un laboratorio di analisi, che effettuerà l’antibiogramma per individuare
il tipo di batterio causa di cistite. Solo la cura corretta aiuta a sconfiggere l’infezione e a prevenire ricadute.
Norme igieniche
contro il fastidio
La terapia antibiotica elimina l’infezione, ma una buona pratica igienica aiuta a prevenirla. È importante effettuare
una corretta igiene intima, usando un detergente con pH neutro. Inoltre devono essere rispettate le manovre di pulizia, rigorosamente dal avanti verso
l’indietro, cioè dalla vagina all’ano e non viceversa: in questo modo si evita di veicolare i batteri fecali all’ingresso di vulva e uretra. Quindi, è
importante tamponare accuratamente la zona con una salvietta morbida e pulita, per evitare ristagni di umidità. L’acqua aiuta a combattere la cistite,
quindi è importante bere molto e spesso: almeno due litri di acqua al giorno. Le urine vengono maggiormente diluite effettuando una sorta di “lavaggio”
naturale delle basse vie urinarie, portando via i batteri. Un’alimentazione ricca di fibre provenienti dalla frutta e verdura, combatte la stitichezza
e, di conseguenza, l’accumulo nell’intestino di batteri che possono poi risalire nell’apparato urinario.
dott.ssa Rosalba
Trabalzini