Sempre meno rischioso l’esame per la diagnosi di anomalie cromosomiche e malattie ereditarie
Diagnosi prenatale. Così si chiama la serie di esami previsti per conoscere l’andamento della gestazione e la modalità di crescita del
feto. Esami talvolta invasivi, ma fondamentali. Tra questi uno dei più importanti è l’amniocentesi. Temuta e preziosa al tempo stesso è
l’indagine che consente di conoscere in modo certo eventuali malformazioni del feto o possibili complicanze della gravidanza. E’ necessaria
in precise circostanze ma richiede, in ogni caso, che l’esame avvenga per mano di un operatore specializzato e adeguatamente preparato.
A cosa serve
Attraverso l’amniocentesi è possibile innanzitutto ottenere il “corredo cromosomico” del piccolo ed
evidenziare pertanto eventuali malattie altrimenti impossibili da determinare prima del parto. Tra queste le più note sono la sindrome di Down e la
fibrosi cistica. Ma l’esame è efficace anche nel rilevare un livello troppo alto di alfafetoproteina, sintomo talvolta di uno sviluppo anomalo del
cervello o del midollo spinale, o la presenza di malattie congenite ed ereditarie. L’amniocentesi è inoltre consigliata quando si sospetta una
malattia del gruppo Torch (toxoplasmosi, rosolia, citomegalovirus) poiché in questo caso è possibile verificare se l’infezione ha già superato la
barriera placentare aggredendo il feto.
Quando si esegue
Questo esame si pratica di solito fra la 16esima e la 18esima settimana
di gravidanza: prima non c’è sufficiente liquido amniotico né abbastanza cellule fetali nel liquido, perché si possa eseguire un esame
soddisfacente. Tuttavia l’amniocentesi può anche essere eseguita più tardi qualora dall’ecografia risultassero necessari degli accertamenti
più approfonditi.
A chi viene consigliata
Attualmente l’amniocentesi viene suggerita nei seguenti casi:
di età superiore ai 35 anni, per via del maggior rischio, a questa età, di anomalie cromosomiche;
da anomalia cromosomica o malattia congenita o che hanno già avuto parecchi aborti in seguito a un’anomalia cromosomica;
della traslucenza nucale (ecografia che indica il rischio di sindrome di Down e di altre patologie) eseguito preventivamente fornisce esito positivo;
poliabortività spontanea;
uno dei coniugi presenta una anomalia del cariotipo, cioè della struttura e del numero dei cromosomi;
midollo osseo;
agioni diagnostiche;
In che cosa consiste
L’amniocentesi viene effettuata prelevando un campione di circa 15 centimetri cubi di liquido amniotico nel quale il feto è immerso, mediante
l’inserimento di un ago nella parete addominale materna, fra l’ombelico e il pube. Per guidare l’ago e per proteggere il feto e la
placenta, questo prelievo si fa sotto controllo ecografico. L’esame è completamente indolore e dura solo da uno a due minuti. Non richiede
ospedalizzazione: si può uscire immediatamente dopo che il prelievo è stato fatto, ma è consigliabile riposare almeno per le 24 ore successive.
Cosa viene esaminato
Dopo il prelievo, dal liquido amniotico si estraggono le cellule fetali, che vengono messe in coltura per due o
tre settimane. La crescita delle cellule permette di analizzare: i cromosomi contenuti nei rispettivi nuclei, che possono evidenziare eventuali
anomalie, gli enzimi cellulari, per escludere la presenza di anomalie di carattere biochimico il liquido stesso, per valutare il livello
dell’alfafetoproteina, il sesso del nascituro per sapere se rischia o no di essere affetto da malattie ereditarie legate al sesso. Una volta
ottenuti i risultati dell’esame si esegue la diagnosi. Se il feto presenta delle anomalie, normalmente si discute la possibilità di
un’interruzione volontaria della gravidanza, e in questo caso l’aborto terapeutico richiede di solito un’induzione artificiale del
travaglio.
I rischi
L’amniocentesi è un esame invasivo e come tale può presentare dei rischi per il corretto proseguimento
della gravidanza. Mediamente la percentuale di aborti conseguenti all’amniocentesi è dello 0,5%. Per questo motivo non può essere considerata un
esame di routine come l’ecografia e deve essere decisa dalla futura mamma in piena libertà dopo essere stata correttamente informata dei rischi dal
medico di fiducia. Occorre ricordare tra l’altro che anticipare l’amniocentesi alle settimane che precedono la 15a compiuta, aumenta
notevolmente il pericolo di complicanze. Tra queste oltre l’aborto, la perdita di liquido amniotico e, seppure in casi rari, la “corion
amnionite”, infezione pericolosa non solo per il feto ma anche per la salute della gestante. E’ necessario quindi, qualora si decida di
procedere all’esame, rivolgersi presso un centro specializzato. Le capacità dell’operatore che provvede ad effettuare l’indagine sono
in questo caso davvero determinanti per limitare al minimo i rischi per la mamma e per il feto.
Paola Ladogana
Ha collaborato:
Prof. Carlo De Angelis