La lealtà è la base dell’amicizia: ecco la storia di due ex nemici pronti ad aiutarsi nel momento del bisogno
Agamennone era veramente corpulento. Per essere un gatto era proprio di dimensioni smisurate, ma la sua passione per il cibo era incontrollabile. L’unica attività fisica che praticava volentieri erano le passeggiate notturne che faceva ogni notte sui tetti della città, ammirando il chiaro di luna, cantando delle stonate serenate, ballando sulle grondaie e contando le stelle lisciandosi i baffi.
Durante una di quelle dolci serate trascorse a trastullarsi tra i comignoli Agamennone ebbe l’impressione che qualcuno lo stesse osservando. Si girò di colpo e vide un piccolo topo grigio che, vedendosi scoperto, fuggì trafelato con il cuore in gola. Il gatto saltò e il topo ebbe giusto il tempo di infilarsi in una grondaia che scendeva lungo il muro.
Il topolino scivolò come su una buccia di banana e atterrò sul marciapiede. Il gatto prese la stessa strada, ma la stazza gli impedì di passare e restò incastrato. Il piccolo topo allora lo apostrofò: “Ecco cosa succede a chi insegue i topi: ti aiuterò se tu mi prometti di lasciarmi tranquillo. “Promesso” rispose il gatto “anzi, farò attenzione che nessuno ti faccia del male ma, ti supplico, ora aiutami ad uscire di qui”. “Va bene” disse il topolino, e andò a cercare una corda.
Salì quindi sul tetto, legò il gatto, poi arrotolò l’altra estremità della corda ad un camino e tirò con tutte le sue forze…purtroppo invano. Agamennone non si spostò di un centimetro. “Proverò dall’altro lato” avvertì il topo. Risalì lungo la grondaia, si aggrappò ai baffi del gatto cercando di tirarlo verso di sé senza successo. Allora tentò di rosicchiare la grondaia, ma rischiò soltanto di rompersi i denti. “Non vedo che una soluzione” ribadì il topo “bisogna aspettare che tu dimagrisca; alla fine passerai. Se vuoi ti posso fare compagnia, tanto io non mangio i gatti”. E così il topolino partì a cercare delle provviste di formaggio che si mise a sgranocchiare. Al gatto venne ovviamente l’acquolina in bocca e supplicò il topo di dargli da mangiare. “No, no, bisogna essere ragionevoli” . Così il topo, per tenere occupata la mente del gatto, iniziò a raccontargli delle storie sgranocchiando dei pasticcini. Dopo una settimana Agamennone era talmente dimagrito che una sera cascò con tutto il suo peso sul topolino. Costui, terrorizzato, cercò di scappare dalla grondaia per salvarsi sui tetti, ma aveva tanto mangiato che non ce la fece a passare.
“Ah, Ah, adesso è arrivato il mio turno” ridacchiò il gatto. “Io non vedo che un modo per aiutarti: mangiarti!”. Il gatto spalancò la bocca e la richiuse sul topo proprio nel momento in cui questi stava per fuggire. Arrivato sul tetto, aprì la bocca e posò delicatamente il topo, verde di paura, su una tegola. “Tu mi hai preso in giro mangiando sotto i miei occhi” disse Agamennone ridendo “ed io non ho resistito all’idea di farti uno scherzo. Ma io mantengo le mie promesse e non ti farò alcun male”. E restarono fianco a fianco a contemplare il chiaro di luna e, all’alba, quando passò il lattaio, il gatto rovesciò una bottiglia di latte ed offrì al suo amico una deliziosa prima colazione.
Domizia Luzzi