

Al 75° Congresso Nazionale di Pediatria sono stati presentati i risultati di una indagine, condotta proprio dalla Società scientifica, sull’enuresi notturna. Si è scoperto che questo problema, ossia l’incapacità di trattenere l’urina durante il sonno, non dipende soltanto dai geni. Se i genitori hanno sofferto di enuresi, la probabilità che i figli presentino lo stesso problema è superiore al 70% è vero, ma le cause dell’enuresi sono molteplici e il ruolo dell’ambiente in cui il bambino vive e altri fattori comportamentali sono altrettanto importanti. E’ per queste ragioni che il comportamento dei genitori e l’accudimento del bambino hanno un impatto positivo sul controllo e sul miglioramento del disturbo.
L’enuresi a cinque anni interessa circa il 12-15% dei bambini, a dieci anni si attesta attorno al 5% per poi ridursi a circa l’1% dopo i quattordici anni. È due volte più comune nei maschi rispetto alle femmine. Oltre alla predisposizione genetica, l’enuresi può avere origine da disfunzioni ormonali, disturbi del sonno e immaturità della vescica. Si tratta generalmente di una condizione stressante sia per il bambino che per la famiglia, Gli effetti negativi sono profondi sul benessere, autostima, comportamento e sulle interazioni sociali e la vita emozionale dei bambini affetti dal problema. Per questo è importante che i genitori non sottovalutino la difficoltà dell’incontinenza notturna. Ovviamente non ci si deve preoccupare senza un motivo: se un bambino ha meno di cinque anni, età entro cui si acquisisce normalmente il controllo completo degli sfinteri, e fa la pipì a letto questo è considerato relativamente normale. Può richiedere molta pazienza e tolleranza da parte dei genitori ma non deve allarmare. Si parla invece di enuresi vera e propria solo quando il disturbo si presenta più di due volte a settimana, per almeno tre mesi consecutivi e in bambini di età superiore ai cinque anni. Un aiuto arriva anche dall’alimentazione.
Ci si deve rivolgere al pediatra se questo disturbo compromette aspetti della vita psico-affettiva, sociale e comportamentale del bambino. L’indagine SIP evidenzia un dato interessante: l’enuresi può alterare il ritmo sonno-veglia nel 48,1% dei bambini che ne soffrono con conseguenze importanti sulla vita sociale e scolastica. E, infatti, non è un caso che, sempre secondo i dati, quando il bambino migliora nella sintomatologia, nel 46,3% migliora anche il suo rendimento scolastico. Preoccuparsi però non vuol dire punire. Dai dati emerge che nel 51,5% dei casi i bambini con enuresi possono subire forme di punizioni da parte dei genitori come rimproveri 60%, lasciare il letto bagnato 18%, deprivazioni del sonno quando i bambini vengono svegliati più volte durante la notte per fare la pipì 7% o addirittura misure disciplinari 5%. È quindi fondamentale non punire il bambino ma comprenderlo e sostenerlo. Occorre inoltre correggere le abitudini nell’alimentazione specialmente la sera. Va evitata l’assunzione di caffeina: cioccolato, coca cola e bevande ad alto contenuto di zuccheri o effervescenti. In generale è bene ridurre l’assunzione di liquidi, anche il latte, qualche ora prima di andare a dormire. Si devono privilegiare cibi poco salati, frutta e verdura, evitando formaggi e cibi stagionati. Solo in casi particolari, e a giudizio del medico curante, vanno eseguiti degli esami. In caso di enuresi vera e propria è sufficiente eseguire un esame chimico-fisico delle urine. Se invece sono presenti anche altri disturbi diurni sono necessari altri accertamenti come l’ecografia dei reni e della vescica.
Sahalima Giovannini