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Tra oralità e scrittura

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Ebraismo – Il passaggio dall’una all’altra è fondamentale nel percorso storico di questa religione

Gli ebrei sono spesso identificati come il “popolo del libro”. In realtà una definizione del genere è imprecisa rispetto alla formulazione interna all’ebraismo e alla sua realtà storico culturale: La prevalenza della scrittura sulla oralità è tutta da determinare, anche in termini cronologici; esemplificativo da questo punto di vista è la parola ebraica che indica la Bibbia: Miqra’, lettura. Di fronte al greco, libro per eccellenza, l’ebraico privilegia l’azione della lettura che parte dal libro ma per molto versi lo trascende. La dinamica tra scritto e orale, il rapporto che si instaura tra queste due componenti, non solo è semplicemente una questione terminologica: è il nucleo teorico della riflessione dell’ebraismo rabbinico, cioè dell’ebraismo come si è venuto consolidando dalla distruzione del Santuario, nel 70 d.C. in avanti. Questo significa, in sostanza, che per intendere la vera identità e l’autodefinizione di ebraismo è necessario a priori chiarire il senso della oralità di fronte alla scrittura in una prospettiva teorico-teologica. La questione non è quella di definire quando avvenga il passaggio dalla oralità alla scrittura o alla collocazione sociale di queste due modalità, ma quella di intendere il carattere fondante della dimensione orale nell’ebraismo. All’interno di questa problematica ha ruolo centrale la tradizione interpretativa e di commento, con i suoi criteri specifici: è attraverso le regole ermeneutiche che la cultura rabbinica passa dal significato letterale del testo, il peshat, ai sensi ulteriori espressione della tradizione orale, il derash. Quest’ultimo, l’interpretazione-ricerca da cui nasce sia il midrash halakhah – finalizzato alla definizione di una norma – che il midrash ‘aggadah etico, filosofico e concettuale – è dunque la pietra angolare della tradizione rabbinica. Il termine su cui ruota la riflessione dottrinaria ebraica è Torah. L’ambito semantico è duplice: in termini ristretti Torah è il Pentateuco, i primi cinque libri della Bibbia che la tradizione attribuisce a Mosè: In una dimensione più ampia il senso si ricollega ai molteplici significati della radice di questo sostantivo: da una parte l’insegnare, dall’altra quello di porre le fondamenta, di lanciare verso un bersaglio, di pioggia vivificante e, omofonicamente, di concepire una nuova vita. In questa ottica Torah non è solamente il Pentateuco ma l’insieme della dottrina, sia scritta che orale, base di sviluppo, indicazione del comportamento, insegnamento vitale e prospettiva di una nuova esistenza. E’ il progetto del mondo, preesistente ad esso consultando il quale Dio ha creato la realtà. E’ l’oggetto specifico e fondamentale della rivelazione, data una volta per sempre e continuamente rinnovata nella collaborazione tra l’uomo e Dio. La Torah è concepita come un corpo unico, composto fondamentalmente di due parti: la Torah scritta (Torah she bikhtav) e la Torash orale (Torah she be al peh). La prima non è comprensibile senza il ricorso alla seconda: solamente dalla loro intima connessione può scaturirne il vero senso. La Torah scritta rappresenta una sorta di appunto, di sintetica epifania di quella orale, e necessita quindi della integrazione di quest’ultima per poter rivelare i suoi contenuti. La Torah orale, diventa in questo modo il vero fondamento di tutta la dottrina ebraica, l’elemento teorico-teologico distintivo e la condizione stessa del patto con il popolo ebraico: è la continuazione della rivelazione. Misconoscerne il ruolo centrale viene considerato dai Maestri alla stregua della negazione dell’origine divina della rivelazione. Senza l’intervento della Torah orale non è pensabile poter mettere in pratica L’insegnamento della Torah scritta: è dunque impossibile, secondo i Maestre di Israele parlare di una precedenza cronologica della legge scritta rispetto e quella orale. Nella sua totalità di sapienza divina la Torah è concepita come un unico inscindibile, le cui parti sono presenti ad origine nella mente di Dio. E’ per questo, anche, che tra le “Massime dei Maestri”, un testo rabbinico del III° secolo, si trova il seguente insegnamento

Ben Bag Bag diceva: – Girala e rigirala (la Tohaf) perché

Tutto è in essa; contemplala, invecchia e consumati in essa.

 

Benedetto Carucci Viterbi

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