In Francia c’è chi parla di fallimento della conquista degli anni Sessanta. E in Italia qual è l’orientamento?
Classi miste un fallimento. Almeno in Francia dove, di recente, si è tornati a parlare di separare maschi e femmine a scuola. A riportare d’attualità un dibattito che si pensava archiviato da alcune generazioni, sono stati gli esponenti delle scuole cattoliche d’oltralpe che, in Francia, sono frequentate da oltre due milioni di studenti. Una presa di posizione che si giustifica non tanto con la volontà di tornare indietro nel campo della parità tra i sessi (peraltro tra gli obiettivi del passaggio alle classi miste negli Anni ’60), bensì con la constatazione che le femmine sono in generale più brave a scuola mentre i maschi risultano più disattenti, rumorosi, svogliati e violenti. Tanto da procurare qualche problema al rendimento generale della classe. Oltre a questo, sostengono in Francia alcuni esperti, ci sarebbe il degrado dei rapporti tra maschi e femmine. Degrado che esplode soprattutto nei momenti di ricreazione e durante le ore di ginnastica, quando le rivalità tra i sessi si fanno sentire di più. Sotto accusa, in questo caso, la crisi di identità del “sesso forte” che diventa aggressivo con le femmine, più “in sintonia” con l’istituzione scolastica, i doveri, i limiti e i divieti che la scuola impone. E in Italia? Un dibattito del genere ha senso di esistere?
In Italia dibattito sotto tono
La presa di posizione francese non è la prima, in Europa come nel mondo. Tornare a classi rosa o azzurre è stato infatti un tema piuttosto discusso negli ultimi anni anche nei Paesi anglosassoni. Ma, se l’amministrazione Bush, negli USA, ha addirittura pensato a finanziamenti per aumentare le classi separate nelle scuole pubbliche e private, in Gran Bretagna gli esperti, pur sottolineando differenze di rendimento tra maschi e femmine, si sono schierati contro questa soluzione. E anche in Italia si è sempre seguita, almeno dal 1963 – anno di nascita delle classi miste con la riforma della scuola che ha istituito la media unificata – questa linea.
Quello del ritorno a classi separate è infatti “un dibattito che nel nostro Paese – spiega Giorgio Rembado, presidente dell’Associazione Nazionale Presidi – non ha assolutamente senso di esistere. Lo dimostra il fatto che quando sono state avanzate proposte in questo senso, ci sono state levate di scudi generalizzate, perché la scuola mista ha dato risultati che possono oramai contare su esperienze più che decennali”. E non c’è da mettere sotto accusa nemmeno il fatto che i maschi, andando male, rallentano l’apprendimento perché, continua Rembado, “oramai è assodato che esistono differenze sostanziali nel rendimento di ragazzi e ragazze e che questo dipende da differenze nel loro sviluppo”. Come dire, insomma, che gli ormoni fanno la loro parte nell’apprendimento del latino o della matematica ma che, a tempo debito, tutto si aggiusta e non ha senso pensare che classi solo maschili o solo femminili fornirebbero risultati tali da sconvolgere le statistiche sull’andamento scolastico in Italia.
L’apprendimento come un processo collettivo
Unanime sul divieto a tornare alle classi separate anche il parere dei pedagogisti. “Le differenze sul piano intellettivo tra maschi e femmine non hanno più senso di esistere anche perché nessuno utilizza o si basa più – spiega Piero Crispiani, docente all’Università di Macerata, pedagogista clinico e presidente della Fiped, Federazione italiana pedagogisti – sulla misurazione dell’intelligenza”. Dal punto di vista accademico, infatti, c’è riscontro oggettivo solo al fatto che le femmine hanno una dominanza laterale che favorisce un migliore sviluppo del linguaggio ma altri test non hanno dato evidenze altrettanto illuminanti sulle differenze nell’apprendimento tra ragazzini e ragazzine. “Anche la cosiddetta DDAI, il Disturbo da deficit dell’attenzione e iperattività, che colpisce più i maschi – continua Cristiani – è un aspetto che non può essere tenuto in considerazione in un dibattito di questo tipo perché ha a che fare con una patologia e non con l’atteggiamento”. Vietato tornare indietro, allora, anche perché le classi miste presentano numerosi vantaggi sotto il profilo dell’apprendimento che, conclude Crispiani, “oggi si tende a leggere come un processo collettivo in cui giocano un peso rilevante fattori come l’interazione e la cooperazione”. Genitori rassicurati, insomma: ben vengano corridoi e classi scolastiche pieni di grembiulini rosa e azzurri.
In Rete:
Federazione Italiana Pedagogisti
Associazione Nazionale Presidi
Antonella Valentini