Non è mai il momento per mettere da parte il ciuccio, anche se tre anni possono essere più che sufficienti. Con qualche trucco e buon senso è possibile evitare i piccoli drammi.
Avversato per molto tempo, perché farebbe crescere i denti storti, vizierebbe il bambino, interferirebbe con il corretto attaccamento al seno, di recente il ciuccio è stato rivalutato per la sua utilità alla crescita e perché sembra essere protettivo addirittura per la salute. Un’indagine della American Academy of Pediatrics ha provato infatti che questo piccolo, ingegnoso oggetto può aiutare perfino a prevenire la Sids, la Sindrome della morte improvvisa del lattante. Terrebbe infatti attivo il riflesso della suzione, impedendo al neonato di scivolare in fasi del sonno troppo profondo, responsabili di apnee che possono essere collegate a momenti in cui il bimbo non riesce a respirare. Oltre a questo vantaggio, il ciuccio può aiutare il bambino a prendere sonno con facilità, è un valido strumento di auto-consolazione in momenti critici, l’ingresso al nido, il ritorno della mamma al lavoro e sembra che combatta l’abitudine di succhiarsi il pollice e di rosicchiarsi le unghie.
Perché è il caso di dire basta
Ci sono, naturalmente, casi in cui l’utilizzo del ciuccio è meno indicato. Dovrebbe essere proposto con prudenza, per esempio, ai piccoli soggetti a otiti ricorrenti: dal cavo orale possono giungere alla zona dell’orecchio medio germi e batteri, veicolati proprio dal ciuccio, se questo non è perfettamente pulito. Il ciuccio va anche offerto con buon senso. Se il bimbo non lo desidera, è inutile cercare di farglielo accettare a tutti i costi, magari per spingerlo ad addormentarsi, arrivando al compromesso di intingerlo nello zucchero o nel miele: il risultato sarebbe una più elevata incidenza della carie. Arriva, poi, un’età in cui l’amato ciuccio dovrebbe proprio essere eliminato. Questo accade attorno ai tre anni, un momento in cui il bambino vive l’esperienza della socializzazione. A questa età la “fase orale”, in cui il piccolo utilizza la bocca per esplorare e conoscere il mondo circostante, ma anche per consolarsi, è superata da un pezzo. Il bimbo è pronto a vivere nuove esperienze, proiettandosi verso l’esterno e imparando a utilizzare tutti e cinque i sensi.
Trovare il momento giusto
Se i tre anni e la fase dell’esplorazione coincidono con un cambiamento importante, come il passaggio dal nido alla scuola dell’infanzia o la nascita di un fratellino, questo processo potrebbe essere rallentato. Non è quindi il caso che noi genitori sovraccarichiamo nostro figlio con un impegno eccessivo, come rinunciare a un oggetto affettivamente molto significativo. Aspettiamo il momento in cui ci sembra psicologicamente pronto, quindi coinvolgiamolo nella decisione di lasciare da parte il ciuccio, che deve essere vissuta da lui come una sorta di vittoria, una tappa per la crescita. Non commettiamo invece l’errore di gettarlo via, facendo credere a nostro figlio che “abbiamo perso il ciuccio” o che “l’ha rubato un uccellino”: si sentirebbe preso in giro e potrebbe vivere un momento di privazione davvero difficile. Possiamo, invece, provare ad associare l’indipendenza da ciuccio al terzo compleanno, dicendo al bambino: “ormai sei grande, puoi fare a meno del ciuccio, non credi?”. Evitiamo invece di ricorrere a frasi falsamente incoraggianti, del tipo: “Tutti i tuoi amichetti non usano più il ciuccio, perché solo tu vuoi fare la figura del bambino piccolo?”.
I trucchi che funzionano
Nella fase di abbandono del ciuccio sono più efficaci i piccoli compromessi e il rinforzo positivo. Per esempio, iniziamo concedendo a nostro figlio il succhiotto solo per il sonno notturno e il pisolino, mai quando è sveglio. Se lo cerca, distraiamolo con attività coinvolgenti, come una bella passeggiata, un piccolo gioco o la lettura di una favola. Quando si sarà abituato, possiamo provare a lasciarglielo solo per la nanna della notte. Ogni volta che raggiunge una “tappa”, riuscendo cioè a rinunciarvi in una determinata circostanza, gli faremo molti complimenti e gli diremo che siamo fieri di lui, perché si sta dimostrando proprio un ragazzino un gamba. Possiamo anche festeggiare l’avvenimento con un pomeriggio al cinema o una serata in pizzeria con mamma e papà, per gratificarlo e motivarlo. Nei primi tempi, permettiamo che il bimbo sappia che il suo ciuccio è sempre in casa, scegliendo insieme a lui un luogo – non troppo accessibile – dove riporlo: sapere dov’è rassicura il bimbo e ne riduce l’esigenza. Infine, impariamo a non sostituire il ciuccio usurato con uno nuovo: la consistenza molliccia infastidirà il bambino che, poco per volta, lo metterà da parte spontaneamente.
Giorgia Andretti