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Gli animali, che dottori!

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Si diffonde in Italia il ricorso alla Pet-Therapy: ecco di cosa si tratta e perché funziona bene con i bambini

“Quel medico è un cane” non sarà più solamente un modo di dire. Almeno stando all’ultima novità arrivata in Italia in tema di cure “alternative”: la pet-therapy, ovvero la cura di particolari patologie con l’aiuto degli animali. L’elemento vincente di questa particolare modalità terapica è la capacità che la relazione uomo-animale ha di stimolare in molti soggetti l’attività cognitiva, affettiva e comunicativa.

Come funziona la Pet-Therapy
Gli animali instaurano con l’uomo, ed in particolar modo con i bambini, comunicazioni spontanee di tipo emotivo-affettivo e questo scambio positivo di sensazioni funziona da sblocco per l’efficace applicazioni di altre terapie che ingenerano i miglioramenti nei soggetti.
Negli Usa, dove è nata quasi 30 anni fa, la “animal assisted therapy” ha ottenuto risultati brillanti ed i primi riscontri si registrano ormai anche nel nostro Paese. Gli animali aiutano soprattutto nella riabilitazione chi ha subito traumi a seguito di incidenti, a recuperare la socialità nei pazienti psichiatrici, contribuiscono a fare uscire dall’isolamento gli anziani e, soprattutto, sembrano essere di grande aiuto ai bambini “difficili”, riuscendo là dove altre comuni terapie falliscono. Ad esempio, i bambini con problemi di apprendimento sottoposti alla pet-therapy, hanno mano a mano acquistato una maggiore autostima e fiduci in sé stessi, un maggior controllo dell’iperattività migliorando di conseguenza le proprie capacità espressive.

Ad ogni animale la sua “specializzazione”
Come per i medici tradizionali, anche gli animali hanno le loro “specializzazioni”:

  • I cani, sicuramente gli animali più utilizzati e versatili nella pet-therapy, impiegati da tempo come compagni di non vedenti e non udenti, sono indicatissimi come coterapeuti di pazienti con patologie croniche e depressive grazie alle loro notevoli capacità di induzione e stimolazione al gioco.

  • I gatti hanno invece una spiccata capacità di affezionarsi alle persone che dedicano loro molto tempo. Risultano adatti quindi a coloro che devono trascorrere molte ore in casa, come anziani e disabili o a coloro che per motivi di spazio non possono tenere animali più grossi. Le vibrazioni sonore delle fusa e la consistenza del pelo sono spesso graditi ai bambini non vedenti e la vicinanza di un gatto riesce ad attenuare i loro stati d’ansia.

  • Il cavallo è universalmente ritenuto il principe nel recupero delle disabilità motorie tanto da essere stabilmente impiegato in alcuni centri di terapia fisica e riabilitazione. Spesso si crea tra paziente e cavallo un rapporto simbiotico e fa nascere nuove motivazioni anche in soggetti particolarmente difficili.

  • Anche i delfini vengono impiegati con successo in progetti di riabilitazione fisica e psichica proprio per il loro carattere vivace e giocoso. Non di rado riescono a comunicare con soggetti con gravi deficit intellettivi. Purtroppo non si trova un delfinario dietro ogni angolo.

  • Pesci, criceti, uccellini ed altri piccoli animaletti tendono invece a portare serenità e divertimento nell’ambiente in cui vengono collocati. In centri come gli ospizi rallegrano l’atmosfera e contribuiscono all’instaurarsi delle relazioni interpersonali.

    Ma in Italia manca una normativa
    In Italia non c’è ancora una normativa che regoli la materia (esiste però una proposta di legge ancora allo studio del Parlamento) soprattutto in termini di definizione e codifica delle metodologie da utilizzare; in compenso però sono decine gli ospedali, le Asl, le Università e le Associazioni di volontariato che utilizzano con ottimi risultati gli animali a scopo terapico, strutture alle quali è bene sempre far riferimento nel caso ci si voglia avvicinare a tale tipo di cura “alternativa”: insomma non basta mettersi in casa un animale per fare una corretta ed efficace pet-therapy.

    In Rete
    Dove si pratica la Per-Therapy

     

    Luciano Chicarella

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