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I giovani e “il mal di vivere”

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Circondati dal benessere, gli adolescenti hanno perso di vista i principi di un’esistenza semplice e solida.

In un Paese come il nostro, ricco come mai nella storia e con un tasso di disoccupazione in discesa, le famiglie vivono, mediamente, in uno stato di discreto benessere, immerse, come sono, in un mare di automobili (sono ormai 32 milioni, pari a due veicoli ogni tre abitanti!), motorini, televisioni, computer, cellulari, videogiochi e magari anche seconde e terze case. Di riflesso, i giovani godono di una situazione estremamente favorevole. Vivono in famiglia il più a lungo possibile, felici di essere curati e protetti ma non controllati né limitati in alcun modo; ricevono un’alimentazione abbondante e variata, possono studiare a lungo, ritardando a loro piacimento l’ingresso nel mondo del lavoro, praticano sport, viaggiano ed, infine, hanno rapporti agevolati con l’altro sesso per cui anche da questo punto di vista sono largamente appagati. Sembra la ricetta della felicità!
E invece non è così. In questo nuovo Paese di Bengodi, i giovani rivelano una “sofferenza di vivere” che era pressoché sconosciuta agli adolescenti di 30 o 40 anni fa, che non possedevano quasi nulla, vivevano in un ambiente familiare e sociale povero, autoritario e fortemente impositivo e non avevano certo di fronte a loro grandi prospettive di lavoro e di successo. Eppure questi ragazzi erano pieni di entusiasmo e di voglia di vivere.

Viene allora il sospetto che i giovani siano, in realtà, più poveri oggi di allora, poveri di spirito e di sentimenti forti, privi di tradizioni da amare e da rispettare, senza nessun rapporto con il passato (qualcuno ha detto che “chi non ha un passato non ha un futuro”), incapaci di comprendere e di accettare il mondo degli adulti, che appare loro privo di valori morali e capace solo di offrire modelli di consumismo sfrenato. Un mondo in cui all’antico detto “Cogito ergo sum – Io penso quindi esisto” se ne è sostituito un’altro “Io consumo, quindi sono”. Il che, per un giovane che si affaccia alla vita, è veramente un po’ poco!
D’altronde, nella maggior parte dei Paesi industrializzati, si è ormai creato un mondo meccanico, pieno di tecnologie sofisticate, ma privo di qualsiasi altro fine che non sia quello di condurre un’esistenza più comoda ed appariscente possibile. Un mondo di personaggi che ha un unico scopo: guadagnare, ad ogni costo, sempre più denaro per poter comprare sempre più oggetti, spesso inutili; un mondo senza più dignità né orgoglio, dove violenza , arroganza e sopraffazione hanno largamente soppiantato le vecchie e nobili virtù “borghesi” della tolleranza, della pazienza, della modestia e dell’onestà. Dove sono finiti i miti che, pur con i loro limiti e talvolta le loro degenerazioni, avevano pur sempre dato un significato alla vita: lo spirito religioso e la fede nell’Aldilà, l’amore per la Patria, l’orgoglio per la propria storia e per l’appartenenza ad una terra come la nostra di antica e nobile civiltà?

Tra l’altro, da tutto questo deriva che, nel nostro mondo tecnologico senza anima né cultura, non c’è neanche più posto per i bambini. Infatti, in poco più di un decennio, il numero delle nascite per anno si è ridotto, nel nostro Paese, ad un terzo (da un milione e mezzo a mezzo milione circa) ed è stato ormai superato dal numero dei morti.
Ed allora come meravigliarsi che gli adolescenti si ammalino, fino a morirne, di “mal di vivere”? Ormai, le casistiche e le denuncie relative ai problemi dei giovani rappresentano un argomento tristemente e grandemente attuale. E’ un dato acquisito che il numero dei suicidi nei giovani in età inferiore ai 24 anni è aumentato a dismisura; la depressione colpisce il 10% dei ragazzi ed il 40% di questi finisce preda della droga; il 10% delle ragazze soffre di gravi disturbi del comportamento alimentare (vedi anoressia o bulimia). L’uso abituale di sostanze stupefacenti riguardava, in una statistica relativa all’anno 1998, un migliaio circa di bambini di età inferiore ai14 anni, 15mila ragazzi tra i 15 ed i 17 anni e 57mila giovani tra i 18 ed i 20 anni.
Se a questi dati, già sconfortanti, si aggiungono quelli paurosi dei morti e dei feriti per incidenti stradali in auto o in motorino (15-20 morti ogni fine settimana nelle cosiddette “stragi del sabato sera”) ne risulta un quadro impressionante che giustifica l’amaro detto “l’adolescente ammala poco ma muore molto”. Perché tutto questo? Come abbiamo visto precedentemente, i motivi sono tanti e del tutto noti Le soluzioni, però, sono assai più difficili.

 

Prof. Piero Vignetti

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