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Alle donne ricerca negata

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Una indagine del Cnr conferma che anche nel mondo scientifico non mancano discriminazioni ed ostacoli

Il lavoro rimane la nota più dolente tra quelle che le donne sottopongono periodicamente all’attenzione dell’opinione pubblica. Discriminazioni, ostacoli, impedimenti frenerebbero l’ascesa di molte giovani pronte a contrastare la supremazia maschile. E se spesso abbiamo ritenuto che le proteste fossero eccessivamente vibranti, ora ci ha pensato il Cnr a ristabilire la verità intorno al fenomeno. Dopo una approfondita indagine, i ricercatori del Centro nazionale delle ricerche hanno concluso che anche nel mondo scientifico le donne sono vittima dell’effetto “sorpasso” da parte degli uomini. Questo significa che, nonostante i risultati accademici di gran lunga superiori a quelli dei loro colleghi, al momento dell’ingresso nel mondo del lavoro le ragazze subiscono, loro malgrado, un ingiusto scavalcamento da parte dei maschietti.

Le cifre? All’università le donne fanno registrare meno abbandoni (10,3% contro il 15,5% degli uomini), si laureano più spesso entro i termini previsti (10,6% contro il 9%), conseguono con maggior frequenza la massima votazione (26,9% contro il 17,7%), e questo anche in discipline, come agraria o ingegneria, che venivano fino a qualche tempo fa considerate esclusivo dominio del sesso maschile.
Quando sorgono i primi problemi? Secondo i ricercatori del Cnr, le prime sconfitte si riscontrano quando le ragazze si affacciano al mondo del lavoro dove, nonostante le faticose battaglie sostenute, non riescono ancora a trovare una parità sostanziale con gli uomini, e questo soprattutto quando si parla di ricerca scientifica.
Infatti, basta pensare che nel triennio 1995-98, la percentuale di neo-assunti negli enti di ricerca italiani vede gli uomini al 63% contro il 37% delle donne. Ed è in questo caso, infatti, che si manifesta più clamorosamente la tecnica del “sorpasso”. Nonostante le ragazze, da un punto di vista formativo, partano sensibilmente avvantaggiate al momento dell’assunzione, soprattutto nelle discipline di tipo sociale, economico o biologico, subiscono la rivalsa maschile nel prosieguo della carriera.

I dati parlano chiaro: solo il 7% delle ragazze riesce, infatti, a conquistare una posizione di rilevo nel campo della ricerca scientifica e solo il 5,8% raggiunge i vertici o è nominata come esperta in qualsivoglia organismo scientifico.
Il Cnr ha anche compilato una lista degli enti di ricerca più buoni e più cattivi. La palma dell’organismo più “in rosa” va all’Istituto nazionale di ricerca per l’alimentazione e la nutrizione, con il 60% di personale femminile, seguito l’Istituto superiore della sanità (55%) e dallo stesso Cnr (30%). L’Enea, con il 1,8%, e l’Ifin, con il 26,8%, rappresentano invece le maglie nere di questa particolare classifica.
Per combattere questo malcostume, le ricercatrici italiane hanno costituito una Commissione per la valorizzazione delle donne nella ricerca scientifica che propone una “riserva” del 40% di posti per le donne nelle strutture scientifiche e nei comitati di valutazione in cui la nomina risponda a criteri politici. Ed ancora: borse di studio per il reinserimento nel mondo professionale dopo prolungati periodi di assenza dovuti a motivi familiari.

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Giancarlo Strocchia

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