Sono un peso per i ragazzi, eppure rappresentano un sistema insostituibile per esercitare il metodo di studio acquisito a scuola inoltre, devono essere svolti autonomamente.
Ci sono scuole che assegnano i compiti a casa tutti i giorni, se i bambini escono presto. Altre, quelle che hanno il tempo pieno, li assegnano soltanto nel fine settimana. Nella prima classe elementare ne vengono assegnati davvero pochi, ma negli anni successivi i compiti a casa sono la regola quotidiana. Prima o poi, comunque, tutti i ragazzini devono fare i conti con esercizi di matematica, brevi composizioni, disegni. E, presto o tardi, i genitori – o i nonni – si sentono rivolgere la fatidica domanda: “Mi aiuti a fare i compiti?”. La tentazione di sedersi accanto al bambino e dargli una mano nello svolgimento è forte: per rassicurarlo, per fargli fare bella figura in classe, magari anche per finire più in fretta e lasciargli quindi un po’ di tempo per giocare.
L’importanza di acquisire l’autonomia
I compiti, invece, hanno un ruolo importante: abituare, poco per volta, il bambino a cavarsela davanti a un foglio bianco, ovvero: il tema da svolgere, la frase da scrivere, l’operazione da calcolare. Se un bimbo non impara da subito a occuparsi di mansioni semplici, alla sua portata, difficilmente sarà capace di destreggiarsi in una prova in classe, quando i genitori non ci sono e lui si trova da solo con le sue uniche risorse. Non solo: anche a casa, arriverà un momento in cui le competenze dei genitori non potranno fare fronte al lavoro casalingo del figlio – dalle medie o dalle superiori in poi – e il ragazzino si sentirà disorientato perché non avrà acquisito un metodo autonomo di studio. Senza contare, poi, che il salto generazionale e con i programmi scolastici cambiati, non è detto che l’aiuto a casa sia realmente utile per un ragazzino.
Le delusioni, una realtà con cui fare i conti
A partire dal primo disegno da completare, dalla prima coloritura da terminare a casa per arrivare alle mansioni più complesse, ci si deve sforzare di permettere al bambino di cavarsela da solo. Molti genitori – soprattutto le mamme – si sentono in colpa se non aiutano il loro cucciolo. Tuttavia, lasciarlo un po’ solo con se stesso lo renderà più autonomo e indipendente. Sedersi accanto a lui, dettargli le parole, aiutarlo nei calcoli significa infatti esporlo al rischio di delusioni a scuola. Il piccolo troppo seguito non sarà in grado di svolgere un compito in classe e questo lo esporrà al richiamo della maestra. Le ramanzine sicuramente fanno bene, ma solo se sono costruttive: un bimbo può reagire al richiamo solo se ha gli strumenti idonei per farlo. se, invece, è troppo aiutato, finirà per non sapersela cavare quando non ha nessuno accanto a sé.
Stargli accanto, ma con discrezione
Questo non significa che il bimbo deve essere abbandonato a se stesso. I genitori hanno soprattutto il ruolo di motivarlo e di fargli capire che ormai è cresciuto e che ha le sue responsabilità. Quando deve fare i compiti, per esempio, gli si può ricordare il tempo: se vanno fatti per il giorno seguente o per il lunedì successivo, il bambino deve imparare a trovare lo spazio tra i giochi, la lettura e lo sport per dedicarsi ai compiti. Mamma e papà possono ricordarglieli, anche più volte se necessario, senza però le sgridate che sortiscono quasi sempre il rifiuto. Se, però, arriva l’ora di andare a letto e il ragazzino non li ha terminati, è sbagliato farli all’ultimo momento o, peggio ancora, scrivere una giustificazione per le insegnanti. Il bambino si deve assumere la responsabilità di non avere svolto un lavoro e quindi di essere rimproverato. È bene, piuttosto, coinvolgerlo, proponendogli un libretto da leggere su un argomento di cui si sta occupando a scuola, visitando un museo, affittando un Dvd di storia, natura, tecnologia. Servirà a interessarlo maggiormente alle tematiche trattate in classe.
Gli errori da non commettere
Per il resto, è il ragazzino che deve abituarsi autonomamente a occuparsi dei compiti. Difficilmente acquisirà un ruolo attivo e responsabile se i genitori leggono il diario al posto suo, per sapere quali sono i compiti oppure se gli preparano la cartella. La lettura del diario è un’abitudine che nel bambino deve diventare automatica, come lavarsi i denti. Lasciamo pure che una volta a casa si riposi, che si conceda una sana merenda e che giochi un po’. Dopo, però, deve leggere il diario per sapere che cosa deve fare quel giorno o nei successivi. Ricordiamoglielo quindi con discrezione, senza però portandogli il diario o leggendolo al posto suo. Lo stesso discorso vale per la cartella: è lui che deve imparare a gestirla, a mantenere libri e quaderni in ordine, ad avvisare se c’è del materiale da sostituire. All’inizio dimenticherà qualcosa a casa, salterà i compiti, magari verrà rimproverato. Ma tutto questo lo aiuterà a crescere.
Giorgia Andretti