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I compiti a casa

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Seguire lo studio dei figli è importante, attenzione però a non esagerare: i bambini devono fare da soli

“Mi aiuti a fare i compiti?”. Non c’è genitore al quale non arrivi prima o poi questa richiesta. Offrire la propria disponibilità ai figli è giusto ed importante, ma attenzione a non esagerare. Mamma e papà devono guardare il diario dei ragazzi, andare a parlare con gli insegnanti, preoccuparsi del loro rendimento scolastico, ma non devono insegnare ai figli come studiare: dare un metodo di studio ai ragazzi è compito della scuola. Se il genitore si trasforma nel pomeriggio in un maestro, il bambino non acquisirà mai la capacità di organizzarsi da solo. Questa soluzione può essere utile e normale durante il primo anno di scuola, ma più in là compromette il rendimento.

La scuola occasione di crescita
Per il bambino infatti la scuola è l’occasione per diventare più autonomo e sicuro di sé. E’ lì che impara a rispettare le regole, ad affrontare le prime delusioni (come un brutto voto), a essere meno protetto e avere un mondo di relazioni e stimoli al di fuori della famiglia. I compiti fatti a casa sono un ripensamento in autonomia di quello che si è imparato a scuola, e il loro svolgimento è importante per la crescita del bambino, perché è il momento in cui l’alunno impara l’autonomia e la responsabilità.
Di conseguenza è un errore mettersi di fianco al bambino ogni pomeriggio e fare i compiti con lui, perché questo atteggiamento non lo aiuta a farsi carico delle sue responsabilità e a sfruttare pienamente l’opportunità di crescita che gli è data dalla scuola. Per diventare grande il bambino deve avere uno spazio dove sperimentare e sbagliare da solo, altrimenti crederà che senza genitori non può farcela. Inoltre, comportandosi così, c’è il rischio che il bambino veda il genitore come una “guardia”, a cui è meglio nascondere difficoltà e problemi.

Aiutiamolo a sviluppare l’autonomia
L’obiettivo principale di mamma e papà deve essere quindi lo sviluppo dell’autonomia del figlio. Quello che devono controllare è se il bambino sa prepararsi la cartella, se si ricorda di fare tutti i compiti e come organizza il suo tempo. Questo non significa dettargli delle regole a priori o mettersi a fare la cartella con lui. I bambini non devono abituarsi a farsi risolvere i problemi dai grandi. Può capitare, per esempio, che vostro figlio scordi a casa il quaderno dei compiti. Se vi chiede di portarglielo ditegli di no e spiegategli che deve imparare a pensare da solo ai suoi compiti perché ne è responsabile lui e non voi. Anche per i compiti vale lo stesso principio: l’importante è sollecitarlo a farli, chiedergli se non ne ha dimenticato nessuno e spingerlo a trovare i tempi giusti per sé. Non c’è una regola da seguire, ogni ragazzo ha i suoi tempi e i suoi ritmi, l’importante è conoscerli. Se si nota che il ragazzo è svogliato e non ha voglia di studiare, bisogna chiedersi perché, si deve cercare di capire perché la scuola non lo interessa e intervenire sui motivi piuttosto che scegliere punizioni, castigare e trasformarsi in un controllore. Certo, ci sono casi in cui il bambino è solo pigro e si capisce che gli fa comodo avere chi gli risolve le frazioni. Se è così ci si deve rifiutare di assecondarlo. Quando protesta perché sta affrontando qualcosa che non gli piace, gli si può spiegare che il suo lavoro è studiare e in ogni mestiere c’è il bello e il brutto: l’importante come per gli adulti, è lavorare.

L’esempio e la gratificazione
Il genitore, più che maestro e controllore, deve essere un alleato e un sostegno per il bambino. E questo significa anche dare stimoli, magari con l’esempio (per migliorare la sua capacità di leggere e scrivere, la cosa migliore è fargli vedere che noi leggiamo: è difficile che un bambino ami la lettura se in casa non ci sono libri o se nessuno li prende in mano) oppure suggerendo al bambino
l’approfondimento di un argomento da fare insieme, o discutere insieme di come funziona un apparecchio o un elettrodomestico. L’importante è spingerlo a farsi più domande possibili, stimolare la sua curiosità e la sua voglia di imparare.
Il compito dei genitori non è segnalare gli errori e dire come si fa. Il bambino si stanca presto di sentirsi criticato e se si sente insicuro si impegnerà ancora meno. E’ fondamentale invece apprezzare le capacità di apprendimento, riconoscere l’interesse e l’impegno che il bambino mette nello studio, dirgli che sta facendo progressi e anche che è normale sbagliare. Così facendo il ragazzo avrà una buona opinione di sé e avrà risultati migliori di chi invece si stima poco.
Inoltre i genitori devono spingere il figlio a verificarsi da solo. Se per esempio ha fatto le operazioni e c’è un errore, lo si può invitare a riguardarle per controllare se sono tutte giuste, in modo che sia sempre lui a scoprire l’errore; nel caso del tema si può chiedere di leggercelo e alla fine di darsi un voto, spiegandogli che riconoscere i propri errori è importante e un’occasione per imparare.

 

Enrico Massi

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