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Papà stressati dalla gravidanza

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I risultati di uno studio condotto dall’equipe del presidente dell’Associazione Italiana di Psicoanalisi

Terzo millennio: fuori le donne in stress da gravidanza e dentro i futuri papà. Stando alle anticipazioni fornite dal professor Massimo Cicogna, docente universitario di Psicoanalisi Clinica all’università di Roma e presidente dell’Associazione Italiana di Psicoanalisi (AIP), su uno studio condotto da lui e dalla sua equipe – di cui verranno presto resi noti i risultati – risulterebbe proprio che, superato il Duemila, il subbuglio creato dai nove mesi di gestazione sia oggi roba da papà.

Cambia la società, cambia la famiglia
“Noi ci occupiamo di studiare i cambiamenti socio-culturali – spiega il professore -. La famiglia è un prodotto culturale che sta subendo, come sempre è accaduto nella storia, notevoli mutamenti”. Così, secondo gli esperti, la globalizzazione influisce sul ristrutturamento degli equilibri e la maternità e la paternità che obbediscono in qualsiasi parte del mondo e in ogni tempo a fattori psico-antropologici più o meno comuni, sono un aspetto delle costanti dell’uomo che oggi stanno mutando. “I fattori di socializzazione, soprattutto attraverso la massificazione, cambiano – ha spiegato Cicogna -. Come sono finite la famiglia matriarcale e quella patriarcale, secondo me stiamo ora assistendo alla fine della famiglia nuclerare”. La tipologia alla quale si è di fronte attualmente è quella di una famiglia nucleare, cioè composta sempre più spesso da un unico elemento. Molte donne vivono da sole, magari con un bambino, e presto si arriverà anche a situazioni di padri single, “per questo la differenza tra la maternità e la paternità si sta sempre più assottigliando”.

L’uomo nuovo davanti alla gravidanza
“Fino a qualche anno fa – ha proseguito l’esperto -, la maternità poteva voler dire un temporaneo handicap fisico che costringeva le donne a lavorare di meno, a passare più tempo riposando o cose simili. Oggi, invece, la maggioranza delle future mamme si recano sul posto di lavoro fino all’ottavo mese di gravidanza. Quindi non c’è più lo stesso approccio alla maternità che c’era in precedenza”. Mettendo da parte questioni morali o religiose, lo studio dimostra che il comportamento d’apprensione nei confronti del nascituro non è più tipicamente femminile. E qui entrano in scena gli uomini che compartecipano alla gravidanza”. Alla base del fenomeno c’è per Cicogna una perdita da parte dell’uomo di quella centralità di ruoli che gli era tipica. “Il maschio occupa situazioni sociologiche diverse. In più, i messaggi inviati dai mass media si muovono in questa direzione. Trascorre meno tempo facendo ‘il capo’ e si accorge di più cose. Così, ora siamo di fronte a una nuova figura: quella del ‘mammo’”.

Mariti iperprotettivi e… ansiosi
Caratteristica principale di quest’ultimo è l’identificazione con la puepera. La maternità diventa un vissuto anche per l’uomo che, però, la esaspera perché si tratta di una compartecipazione indotta e non fisica. In oltre, l’uomo non è dotato degli strumenti adatti per vivere una paternità in questo modo. Infatti, in passato, il suo interesse alla procreazione si limitava al mantenimento della specie, ora diventa quasi una gravidanza isterica, simile a quella che vivono alcune donne. Diventa un “vorrei ma non posso” che causa stress, per questo il “mammo” comunica prevalentemente ansia alla futura mamma. Diventa iperprotettivo nei confronti della donna incinta, nota ogni minimo cambiamento e interviene. “Il 27 per cento dei futuri padri chiama il ginecologo della moglie almeno una volta al giorno contro il 4 per cento delle mamme – ha riportato Cicogna – e il 68 per cento degli uomini, rispetto al 28 per cento delle donne, rifiuta di avere rapporti sessuali con la moglie fin dal primo mese di gravidanza, preoccupato per la salute del nascituro”.

Padri alla prova del parto
In questa situazione, secondo il professore, natura e cultura si confondono, perché, ovviamente, la maternità resta una questione femminile. “Forse sarebbe meglio che ognuno facesse la sua parte, ma, se da un lato il ‘mammo’ diventa invadente, dall’altro c’è di buono che si preoccupa più della compagna”, afferma Cicogna. La sua esperienza resta comunque indiretta e priva di armi appropriate da sviluppare: “In lui il vecchio e il nuovo si mischiano e si ibridano”. I problemi più grandi, secondo Cicogna, sopraggiungono comunque al momento del parto: “L’uomo ha un trauma. Fino a quel momento non c’è nulla che lo riconduca alla realtà. Anche il fatto che può assistere alla nascita del bambino lo mantiene nell’impossibilità di capire che la gravidanza, in fondo, non è sua. E l’impatto con la verità, nei mesi successivi, quando il rapporto madre/figlio lo escluderà, può essere molto duro”.

 

Laura Coricelli

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